sábado, 23 de febrero de 2013

Crisi alimentare permanente?

È finito il Carnevale ed è iniziata la Quaresima per i cristiani. È tempo di riflessione, tuttavia si tende a pensare che la vita è breve ed è meglio godersela senza farsi troppe domande. È stato anche il "complemese" di questo blog, che ha solo due mesi di vita e per festeggiare, oltre a offrire un caffè ai lettori che passano per di qua, vi propongo una piccola pausa per scoprire i perché di alcune cose che mi assillano da tempo.
Come può essere che nel XXI secolo ci siano ancora così tante persone che muoiono di fame? Perché ci sono le crisi alimentari periodicamente se abbiamo triplicato la produzione alimentare, mentre la popolazione è solo raddoppiata? Perché i prezzi dei prodotti alimentari di base sono in costante aumento?
Personalmente condivido l'opinione di chi pensa che le crisi alimentari sono il risultato diretto di diversi decenni di globalizzazione neoliberista che ha trasformato il cibo in una semplice merce per la speculazione.
Produciamo cibo a sufficienza per sfamare tutti sul pianeta, ma non lo facciamo arrivare a coloro che ne hanno bisogno. Consumiamo meno della metà della produzione mondiale di grano, ma preferiamo alimentare il bestiame o produrre biocarburanti per le nostre auto invece di dar da mangiare a milioni di esseri umani che soffrono la fame.
I difensori delle attuali politiche alimentari danno la colpa alla siccità, all’aumento dell’erosione del suolo fertile, all’aumento della domanda di alimenti da paesi come la Cina e l'India, alla progressiva crescita dei terreni destinati alla produzione di biocarburanti, ma evitano di elencare altri fattori che hanno provocato l’attuale crisi alimentare permanente. Vediamone alcuni:
1. Tornando ai primi anni '60 e al modello agricolo chiamato Rivoluzione Verde, osserviamo che con la meccanizzazione del sistema produttivo, lo sviluppo di nuove sementi modificate e l'uso indiscriminato di fertilizzanti e pesticidi, i rendimenti della produzione agricola sono aumentati vertiginosamente.
 Si ipotizzava che gli OGM avrebbero fatto sparire la fame dal mondo. Ma non è stato così e, al contrario, i contadini hanno dovuto pagare un prezzo molto alto, diventando dipendenti dalle multinazionali che controllavano e controllano questi beni (macchinari, sementi, fertilizzanti e pesticidi). Parallelamente, si è avviato il processo di degradazione dei suoli agricoli e delle risorse naturali, come l'acqua e la biodiversità.
2. A metà degli anni '90, l'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) ha deciso di cambiare le politiche doganali e gli altri strumenti che i paesi in via di sviluppo avevano per proteggere la loro produzione agricola locale, costringendoli a dedicare le loro terre fertili per la produzione di cibo per l'esportazione, rifornendo i nostri supermercati e trascurando i mercati locali. Come conseguenza,  la maggior parte dei paesi in via di sviluppo sono ormai importatori netti di prodotti alimentari e, paradossalmente, milioni di contadini muoiono di fame nel mondo.
3. Le grandi catene commerciali, la cosidetta Grande Distribuzione, controllano  non solo la commercializzazione, ma anche la produzione agricola mondiale. Decidono che cosa si coltiva, dove, con quali caratteristiche, quale prezzo viene pagato al produttore e il prezzo che deve avere alla vendita, ottenendo enormi profitti nel grande business di far morire di fame. * Un chiaro esempio di questo  sono le difficoltà economiche dei produttori di caffè (Vedi oro nero ), che ricevono una miseria per i loro chicchi pregiati, mentre i grandi distributori si arricchiscono vergognosamente.
4. Un altro fattore importante è il crescente interesse della lucrativa industria dietetica in Europa e negli Stati Uniti su alcune granaglie ancestrali come il Teff, graminacea coltivata da oltre 5.500 anni in Etiopia, o la quinoa, l'alimento base degli abitanti andini  per oltre 7.000 anni, per fare due esempi. Essi sono considerati come cibo magico o miracoloso dagli occidentali perché aiutano a perdere peso (il numero di persone obese in Occidente è raddoppiato negli ultimi 30 anni), abbassare il colesterolo o sono senza glutine, come nel caso del teff. La crescente domanda globale di queste granaglie millenarie, che in alcuni casi supera la sua produzione, causa un’iperinflazione dei prezzi nel mercato locale, arrivando persino a modificare le diete tradizionali di questi antichi popoli, che sono costretti a sostituirli con altri cereali che precedentemente non consumavano. Un chiaro esempio è la Bolivia, il più grande produttore di quinoa al mondo, che non può far fronte alla domanda. Attualmente solo il 10% viene destinato  per il consumo interno, destinando il 90% all’esportazione **
Le multinazionali hanno scoperto tempo fa che era un buon affare  brevettare questi gioielli antichi, in modo che gli agricoltori adesso stanno pagando sempre di più  per alcune sementi che prima si scambiavano tra di loro.
E noi consumatori, cosa possiamo fare per invertire questa spirale perversa e immorale? Quali alternative abbiamo per spezzare questo circolo vizioso che distrugge il pianeta e le persone che lo abitano?
In primo luogo, penso che sia nostro dovere diventare consumatori critici, responsabili e competenti. Dobbiamo cercare di recuperare il consumo locale scegliendo prodotti freschi di stagione, meglio se li acquistiamo nei piccoli negozi o nelle cooperative di consumatori responsabili. Dobbiamo sostenere l’agroecologia comprando alimenti biologici, ma non nei supermercati  per non  perpetuare la loro supremazia sui piccoli agricoltori.
E quando cerchiamo alimenti di importazione, come il caffè, tè, cacao, zucchero, cereali antichi, specie esotiche ..., cerchiamo di acquistarli nei negozi del Commercio Equo, perché così possiamo aiutare i piccoli produttori nei paesi in via di sviluppo a ottenere un prezzo giusto per i loro prodotti e allo stesso tempo possiamo ridurre al massimo gli intermediari e i suoi profitti.
Queste sono solo alcune delle molte alternative esistenti per cercare di spezzare il potere dell'industria alimentare, che solo specula e non alimenta.***
Un'alternativa ecologica che aiuta anche a creare una maggiore biodiversità, è quella di coltivare una parte del nostro cibo in piccoli orti urbani, privati ​​o comunitari e anche nei nostri balconi o terrazze. Può essere un'attività molto soddisfacente e gratificante, che ci permetterebbe di capire meglio la Natura, rispettandola e promuovendo l'agroecologia.
Si tratta di piccoli cambiamenti, ma milioni di persone possono beneficiarne se ognuno di noi mette il suo granello di sabbia. Spero che il mio granello possa servire a suscitare la curiosità e l'indignazione di qualcuno che come me, abbia deciso di probare a cambiare la situazione attuale.
 

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